Ai dark di tutto il mondo non 
            sarà mai abbastanza chiaro, quindi non verrà ripetuto mai abbastanza 
            spesso, quanto non solo tutta la new wave, ma anche tutto il rock 
            gotico nasceranno dalle sperimentazioni sonore di due grandissimi: 
            David Bowie e Brian Eno.
            Per quanto riguarda la new wave in senso lato ci si riferisce al Bowie 
            da Ziggy Stardust in poi, fino a quel Young 
            Americans che segnò unapparente (ma per fortuna momentanea) 
            perdita di vena poetica. Ed al Brian Eno dal periodo Roxy Music alle 
            prime prove soliste, almeno fino a quel capolavoro che è stato Before 
            and After Science (1977). Per quanto riguarda il dark, invece, 
            ci si riferisce alla cosiddetta Trilogia Berlinese, il vero evento 
            ispiratore di tutta la scena gotica, ombra scura che aleggiava su 
            tutte le sperimentazioni musicali in corso dal 78 in poi.
             David 
            Bowie è stato senzaltro un caso più unico che raro nella storia 
            del rock. Dopo aver composto (e pubblicato!) dal 1966 in poi abbastanza 
            materiale da riempire abbondantemente due o tre Lp, e non aver ottenuto 
            nessunissimo riscontro da parte di pubblico e critica, finalmente 
            nel 70 mette a segno un colpaccio: la bellissima Space Oddity, 
            che gli dà un improvviso ed imprevedibile successo internazionale. 
            Per un altro paio dalbum combina poco e sarà con laudace 
            Hunky Dory (1971) che comincerà sul serio una sorprendente 
            carriera. Seguirà Ziggy Stardust, ovvero la musica 
            (e la star) che parla di se stessa e del suo mercato, ed Aladdin 
            Sane, il genio, lesistenzialismo e leroina. Con 
            questi 3 album Bowie diventa in assoluto il re di certo pop-rock tra 
            ambiguità, glam e moderata sperimentazione. Un disco azzeccatissimo 
            di cover come Pin-ups non fa altro che rafforzarne 
            il mito.
David 
            Bowie è stato senzaltro un caso più unico che raro nella storia 
            del rock. Dopo aver composto (e pubblicato!) dal 1966 in poi abbastanza 
            materiale da riempire abbondantemente due o tre Lp, e non aver ottenuto 
            nessunissimo riscontro da parte di pubblico e critica, finalmente 
            nel 70 mette a segno un colpaccio: la bellissima Space Oddity, 
            che gli dà un improvviso ed imprevedibile successo internazionale. 
            Per un altro paio dalbum combina poco e sarà con laudace 
            Hunky Dory (1971) che comincerà sul serio una sorprendente 
            carriera. Seguirà Ziggy Stardust, ovvero la musica 
            (e la star) che parla di se stessa e del suo mercato, ed Aladdin 
            Sane, il genio, lesistenzialismo e leroina. Con 
            questi 3 album Bowie diventa in assoluto il re di certo pop-rock tra 
            ambiguità, glam e moderata sperimentazione. Un disco azzeccatissimo 
            di cover come Pin-ups non fa altro che rafforzarne 
            il mito.
            A questo punto un evento che merita tutta la nostra attenzione. Il 
            disco successivo, quel geniale Diamond Dogs così 
            capace di recuperare, reinterpretandola, certa tradizione sanguigna 
            blues ed hard rock, fu definito da Bowie stesso come gotico. 
            È la prima volta che una cosa simile accade. Da allora in poi gotico 
            sarà una delle tante categorie che permetteranno ai critici di definire 
            la musica. Correva lanno 1974.
            Bowie purtroppo, dopo anni di genio e successi, non riuscì a resistere 
            alla tentazione di un po di gigionesca faciloneria, ed uscì 
            con un disco come Young Americans, col quale cominciò 
            la sua collaborazione col chitarrista Carlos Alomar. Più o meno apprezzato 
            dal pubblico, ma certamente infamato e deriso da certa critica, fu 
            Bowie stesso a rendersi conto della necessità di cambiare rotta. Veniva 
            accusato di superficialità e faciloneria? La soluzione sarebbe stata 
            nel senso di una più profonda ricerca musicale. In effetti la musica 
            in senso stretto non era mai stata una specialità di Bowie, molto 
            più incentrato sul songwriting o tuttal più su soluzioni più 
            o meno innovative negli arrangiamenti. La risposta era contenuta nel 
            disco del 76: Station to Station.
            In effetti Station to Station  è 
            un vero punto di svolta nella sua carriera. Il primo brano, omonimo, 
            oltre al tono serio e colto, aveva una struttura decisamente complessa 
            per una durata di ben 10 minuti! Chiaramente non potevano essere tutti 
            cantati e finalmente il musicista prendeva il posto del (geniale) 
            menestrello ambiguo e glamorous. Anche gli altri 5 brani erano decisamente 
            lunghi, cioè con una durata media di circa 6 minuti. Un assurdo, allinfuori 
            dei ben definiti territori del progressive rock (per altro già morente: 
            non dimentichiamoci che il 76 è stato il primo anno del punk). 
            La mossa azzeccata e la consapevolezza dei suoi limiti, oltre che 
            una serie di casi fortuiti, portò il nostro a incontrare e, conseguentemente, 
            cercare la collaborazione con il genio
è 
            un vero punto di svolta nella sua carriera. Il primo brano, omonimo, 
            oltre al tono serio e colto, aveva una struttura decisamente complessa 
            per una durata di ben 10 minuti! Chiaramente non potevano essere tutti 
            cantati e finalmente il musicista prendeva il posto del (geniale) 
            menestrello ambiguo e glamorous. Anche gli altri 5 brani erano decisamente 
            lunghi, cioè con una durata media di circa 6 minuti. Un assurdo, allinfuori 
            dei ben definiti territori del progressive rock (per altro già morente: 
            non dimentichiamoci che il 76 è stato il primo anno del punk). 
            La mossa azzeccata e la consapevolezza dei suoi limiti, oltre che 
            una serie di casi fortuiti, portò il nostro a incontrare e, conseguentemente, 
            cercare la collaborazione con il genio  musicale 
            degli anni 70: Brian Eno, linventore del rock elettronico e 
            futurista prima, dellambient music e di certa etno-tronica 
            dopo. E raramente incontro si potrà definire più appropriato ed auspicabile.
musicale 
            degli anni 70: Brian Eno, linventore del rock elettronico e 
            futurista prima, dellambient music e di certa etno-tronica 
            dopo. E raramente incontro si potrà definire più appropriato ed auspicabile.
            Trovatisi con il produttore Tony Visconti, storico collaboratore di 
            Bowie, i due si misero a registrare le prime tracce in Francia, più 
            esattamente al Château dHérouville, accompagnati da musicisti 
            del calibro di Carlos Alomar e Ricky Gardener alle chitarre, George 
            Murray al basso, Dennis Davis alla batteria (tutti provenienti, almeno, 
            da Station to Station), Roy Young alle tastiere e 
            (addirittura) Iggy Pop alla seconda voce! Ma la scintilla artistica 
            era partita e così il nichilismo depresso del punk stava contagiando 
            anche loro. Il bel castello classico francese non dava abbastanza 
            suggestioni in questo senso, si imponeva una scelta coraggiosa: entrare 
            nel cuore marcio e negativo dellEuropa. Quale città migliore 
            della divisa e torbida Berlino?
            Finite le registrazioni ed il missaggio allHansa presso il Muro, 
            lo studio di registrazione berlinese dellAriola Hansa, prima 
            casa discografica dei Japan, il risultato uscito nel gennaio del 77 
            fu lo sconvolgente Low.
            Sin dal primo strumentale, la dinamica e danzereccia Speed of Life, 
            con quella sua pazzesca scala discendente di sintetizzatore, ci si 
            rende conto di essere davanti ad un prodotto assolutamente diverso 
            da tutta la discografia Bowiana. Per carità, questidea passa 
            con la successiva Breaking Glass, pezzo già molto più in linea 
            con la vena (seppur varia e fantasiosa) del nostro, così come tutto 
            il lato A dellalbum, con i due capolavori Always Crashing 
            in the Same Car e Sound and Vision, questultima singolo 
            di grande successo. Certo, cera un elemento innovativo, strano 
            e straniante: gli arrangiamenti erano molto più complessi e ricercati 
            del solito, più tecnocratici, e le parti strumentali molto più lunghe 
            ed importanti. Insomma, la mano del genio Eno si faceva pesantemente 
            sentire.
            Ma fu soprattutto la b-side a lasciare i vecchi fan esterrefatti e 
            basiti. Il lato di un disco di Bowie, il primo, interamente ed esclusivamente 
            composto di brani strumentali! Un inizio soffuso ed intimo per A 
            New Career in a New Town, che poi esplode in una melodia dinamica 
            e percussiva per dominante di armonica a bocca. Una partitura futurista, 
            ma energica ed allegra, in forte contrasto con il brano che la seguirà: 
            Warszawa, sin dalle prime note di un piano virato e decadente, 
            sarà uno dei capolavori della depressione cosmica del duo Bowie-Eno. 
            Unatmosfera duna solennità quasi sovietica, per piano 
            e flauto più o meno sintetizzati, che per più di sei minuti declamano 
            i loro rintocchi in una desolazione che è nel contempo amarezza e 
            profondità, elevazione dellanima. Laria in sé potrebbe, 
            talvolta, anche esprimere una certa speranza quasi gioiosa, prima 
            che la solennità dei ghiacci e dei cori lugubri la faccia tornare 
            al suo posto. Un salmodiare etnico fa da stridente contrappunto sul 
            finale di questopera tanto modernista quanto profetica.
            Unatmosfera non molto dissimile contraddistingue la successiva 
            Art Decade, nonostante il soffuso inizio percussivo. Sarà una 
            tastiera esistenzialista e depressa a prendere il sopravvento, con 
            effettini elettronici di sottofondo che non faranno scordare il genio 
            e limpressionante modernità dei compositori. Unopera senza 
            tempo. Weeping Wall è un assurdo muro del pianto cinese, con 
            chitarra trattata e distorta tra i campanellini psichedelici ma fermi 
            e gli inserti di una tastiera altrettanto statica. Una voce talvolta 
            fa capolino in unatmosfera che, sebbene meno depressa delle 
            due precedenti, è sempre strana e compressa, senza mai comunque diventare 
            claustrofobica, anche se molto inquietante. Subterraneans è 
            il degno finale dellalbum. Un altro strumentale solenne e depresso, 
            con inserti tastieristico-sperimental-elettronici, anche se stavolta 
            le partiture si rifanno ad unaria più classicheggiante. Lingresso 
            del coro lugubre dona al tutto un mood ancora più straniante: depresso 
            eppur aperto, in qualche modo arioso, con 
            inserto di sassofono che anticipa una sorta di canto tra il mantrico 
            ed il malinconico su testo simbolico o nonsense. Il tutto andrà lentamente 
            spegnendosi.
            
          Limpatto di Low 
            su pubblico e critica fu tale che i due responsabili non poterono 
            non risultarne quantomeno lusingati. Nellanno della morte del 
            rock (ucciso dal punk), i due maggiori avanguardisti avevano composto 
            uno dei maggiori capolavori della lror carriera. Il tempo era propizio, 
            latmosfera berlinese pure, i due si rimisero subito al lavoro, 
            mantenendo Alomar, Davis e Murray, ma sostituendo Gardener con un 
            chitarrista deccezione: Robert Fripp, il deus-ex-machina dei 
            King Crimson. LHansa presso il Muro di Berlino manovrato da 
            Tony Visconti furono altri due elementi insostituibili.
             Il risultato, uscito nell'ottobre di quel 1977, 
            fu lormai celeberrimo Heroes, uno degli album 
            di Bowie in assoluto più venduti. La formula ricalcava in qualche 
            modo quella di Low, sebbene con qualche variante. 
            Innanzitutto linizio non veniva affidato ad uno strumentale, 
            ma alla bella e fragorosa Beauty and the Beast. Inutile poi 
            star qui a ricordare o descrivere i celeberrimi successi che sono 
            stati (e hanno conosciuto) brani come Joe the Lion ma soprattutto 
            la title-track, quella Heroes portata al successo 
            dal film Chistiane F (noi i ragazzi dello zoo di Berlino).
Il risultato, uscito nell'ottobre di quel 1977, 
            fu lormai celeberrimo Heroes, uno degli album 
            di Bowie in assoluto più venduti. La formula ricalcava in qualche 
            modo quella di Low, sebbene con qualche variante. 
            Innanzitutto linizio non veniva affidato ad uno strumentale, 
            ma alla bella e fragorosa Beauty and the Beast. Inutile poi 
            star qui a ricordare o descrivere i celeberrimi successi che sono 
            stati (e hanno conosciuto) brani come Joe the Lion ma soprattutto 
            la title-track, quella Heroes portata al successo 
            dal film Chistiane F (noi i ragazzi dello zoo di Berlino).
            Sons of the Silent Age era un pezzo intimo ma anchesso 
            tipicamente bowiano, seguito dalla più dinamica e scatenata Blackout, 
            che chiudeva in bellezza la a-side. Girato lLp, la sorpresa-non-sorpresa 
            della struttura di Low: una parte quasi interamente 
            strumentale. La prima V-2 Schneider, nonostante linizio 
            solenne, si risolverà in una specie di rock-boogie tecnocratico, stranamente 
            simile a certe soluzioni dei Kraftwerk più allegri ed ottimisti. Similmente 
            a A New Career in a New Town fu lallegra tempesta prima 
            della mortifera quiete.
            Trattatasi, nel dettaglio, di una lunga suite musicale divisa in tre 
            movimenti. Il primo, Sense of Doubt (già inquietante dal titolo) 
            cominciava con un vento sintetico che diventava sottofondo ad una 
            scala lugubre di piano. Una sorta di tastiera-tromba sintetizzata 
            declamava una meditativa melodia su sfondo di effetti elettronici, 
            prima del ritorno fragoroso del piano e della successiva partitura 
            dorgano. Un pezzo dalla maestosità agghiacciante. Il cui stesso 
            vento, tramite sinterizzazioni successive, ci porterà allarpeggio 
            dapertura della successiva Moss Garden, dove orientali 
            strumenti a corda svetteranno su tappeti di tastiera tecnologico-psichedelici. 
            Quasi 4 minuti di un oriente mistico e opprimente insieme, dolcissimo 
            e minaccioso. Rumorini della natura ed il vento sintetico-postatomico 
            introducono alla successiva ed europeissima Neuköln, dove una 
            tastiera funerea ed opprimente, non troppo diversa da unatmosfera 
            già respirata in Warszawa, viene appena mitigata da un sassofono 
            solitario e straziante. Il risultato è una sinfonia allucinata per 
            ghiacci e spazi bui, per architetture gotiche e tristezze cosmiche, 
            per una sconfinata e disperata decadenza che la sua stessa lamentosa 
            consapevolezza non può risolvere.
            La finale, cantata, allegra e scanzonata The Secret Life of Arabia 
            toglierà loppressivo senso di profonda angoscia inevitabilmente 
            insinuatosi nellanimo dellascoltatore. Al contrario di 
            Low, Heroes finisce in modo più 
            rilassato.
          Ma nel frattempo il 1978 avrà 
            avuto inizio ed una nuova generazione di musicisti andava formandosi. 
            I due capolavori Low ed Heroes osservavano 
            dallalto, oscure eminenze grigie, influenzando silenziosamente 
            e nellombra una scena musicale in formazione. I due geni Bowie 
            ed Eno si prenderanno entrambi una pausa di riflessione luno 
            dallaltro, il primo impegnato in una lunga e proficua tournée, 
            laltro in produzioni varie, tra le quali quella della fortunata 
            ed illuminante compilation No New York.
            I due si ritrovarono alla fine del 78, consapevoli di aver influenzato 
            notevolmente la scena musicale inglese (ed internazionale) ed intenzionati 
            ad andare avanti ed oltre. Qualcosa di diverso però stava insinuandosi: 
            è ovvio, non ci si può bagnare due volte nello stesso fiume, figuriamoci 
            tre! La squadra fu quasi interamente ricomposta: Alomar alla chitarra, 
            Murray al basso, Davis alla batteria e Visconti al mixer, ma il contatto 
            con lo studio Hansa di Berlino non venne riconfermato. Fu così che 
            un po cervelloticamente il nuovo disco fu registrato a Montreaux, 
            in Svizzera e, per motivi legati ai loro recenti impegni, mixato a 
            New York. Ma la squadra, le menti e le intenzioni erano quelle, di 
            conseguenza questo fu considerato il terzo capitolo della Trilogia 
            Berlinese.
            Tutti si aspettavano da Lodger, 
            uscito nel corso del 79, un altro, forse estremo disco dark. 
            Ma Bowie e soprattutto Eno erano di mentalità troppo proiettata al 
            futuro per ripetersi e  cercarono invece di prevedere la prossima evoluzione 
            della scena musicale davanguardia. Inutile dire che ci riuscirono 
            perfettamente, nel segno di una ricerca etnica che, grazie prima ai 
            Japan e David Sylvian, poi ad un maturo Peter Gabriel, sfocerà nella 
            grande corrente di musica etnica che fiorirà verso la fine degli anni 
            80. Ne segue che Lodger è il titolo della trilogia 
            che a noi interessa meno, nonostante la sua ragguardevole caratura 
            artistica: mai unatmosfera particolarmente notturna, definitivamente 
            scomparso ogni strumentale, a maggior ragione i loro capolavori di 
            depressione. Giusto lultima Red Money conserverà una 
            lontana inquietudine.
cercarono invece di prevedere la prossima evoluzione 
            della scena musicale davanguardia. Inutile dire che ci riuscirono 
            perfettamente, nel segno di una ricerca etnica che, grazie prima ai 
            Japan e David Sylvian, poi ad un maturo Peter Gabriel, sfocerà nella 
            grande corrente di musica etnica che fiorirà verso la fine degli anni 
            80. Ne segue che Lodger è il titolo della trilogia 
            che a noi interessa meno, nonostante la sua ragguardevole caratura 
            artistica: mai unatmosfera particolarmente notturna, definitivamente 
            scomparso ogni strumentale, a maggior ragione i loro capolavori di 
            depressione. Giusto lultima Red Money conserverà una 
            lontana inquietudine.
            Bowie era tornato se stesso: landrogino ed ambiguo re del glam 
            rock, solo più maturo e, se possibile, ancora più allavanguardia. 
            Certo, unavanguardia cui basteranno labbandono di Eno 
            ed ancora pochi anni per essere perduta, definitivamente con Lets 
            Dance.
            Ma intanto il suo segno laveva lasciato. Con Young Americans 
            sembrava un artista sullorlo della fine (a molti capita che 
            dopo 3-4 buoni dischi la vena vada perduta), con la scoperta delle 
            malinconiche e solenni atmosfere mitteleuropee era risorto a nuova 
            vita. Ed ancora una volta la sua arte servì dispirazione a molti. 
            Noi lo sappiamo bene.
            
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