Torna il duo savonese costituito da padre e
figlio Laratta, col terzo full length.
Le coordinate stilistiche abbandonano la
componente metal presente sugli album precedenti
per assestarsi su una elettronica danzereccia e
sperimentale ricca di spunti interessanti, che ha
come tema la salvezza o salvazione. A
ribadircelo fin da subito è la copertina col
celebre dipinto “Giuditta e Oloferne” di
Caravaggio, che rappresenta l’episodio biblico in
cui l’ebrea uccide il condottiero assiro con
l’intento di salvare il suo popolo dalla
dominazione straniera. Dieci tracce, a cui fa
da capofila la kraftwerkiana “I’m a robot”, il cui
relativo video tratteggia perfettamente l’intento
del progetto di coniugare l’elettronica e la
produzione cinematografica anni ’70, senza
disdegnare parentesi più triviali, in chiave
profondamente ironica, ironia che tuttavia non
deve trascurare la profonda passione che ha
animato questi artisti fin dalla più tenera età e
che qui emerge interamente, sia nelle idee
musicali, sia nella consapevolezza che traspare di
ciò che quel mondo fu, senza scordare del tutto il
metal primordiale di quegli anni e di quelli a
venire. Infatti compaiono “Mortal man” con la voce
di Dave Mustaine, ma anche “Into the void”, cover
dell’omonimo brano dei Black Sabbath, che conserva
la voce campionata di Ozzy Osbourne, ma su
ritmiche accelerate e puramente elettroniche che
stravolgono totalmente il ricordo dell’originale,
cosa che non avviene col remix di “Daddy cool”,
brano decisamente più in linea con la proposta
musicale di Frank Fear e rivisto in maniera tutto
sommato canonica. Chiude il remix ad opera dei
Damned Brothers di “Brain Wash”, brano più che mai
attuale, già presente su “Criminal Experiment”,
che elabora uno dei temi principali di questo
progetto, ossia la denuncia del cosiddetto
“sistema” che attraverso i media “lava” i cervelli
delle persone e toglie libertà e dignità
all’essere umano.
Link:
https://www.facebook.com/frankfear2
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