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 CONTROL

 

Regia: Anton Corbijn

Cast: Sam Riley, Samatha Morton, Joe Anderson, James Anthony Pearson, Harry Treadaway, Alexandra Maria Lara

Anno e nazione: 2007, Regno Unito

 

Testo di Fabio Degiorgi

Presentato nel 2007 al festival di Cannes, e finalmente annunciato nelle sale cinematografiche italiane per la fine di settembre/inizi di ottobre, il primo film ufficiale sulla vita di Ian Curtis e i Joy Division è stato finora proiettato solo in qualche sparuto circolo ARCI, serate a tema, oppure visto, da coloro che sono riusciti nell’impresa, direttamente a casa procurandosi il DVD.

A chi invece non ha ancora avuto l’occasione, consiglio di vedere in qualsiasi modo la pellicola, non perché sia un capolavoro della storia del cinema, ma perché costituisce comunque un documento importante e imprescindibile, almeno sul piano affettivo, opera oltretutto di un regista che è stato fotografo ufficiale dei Joy Division e loro sincero ammiratore (al punto da lasciare la natia Olanda per seguirli ai tempi), il quale, nel maggio 2007 ha dichiarato: “In un certo senso è come se avessi chiuso il cerchio e che questa fase della mia vita, dominata dai desideri e dalle emozioni che provavo da adolescente, si fosse conclusa. I Joy Division e Ian Curtis hanno avuto un’importanza fondamentale per me in quel periodo della mia vita e quando me ne sono reso conto, ho capito che avrei dovuto realizzare questo film.”

 Ispirato dal libro di Deborah CurtisTouching from a distance” (“Così vicino, così lontano” nell’edizione italiana), nelle sue due ore di durata “Control” non può che essere un riassunto sia di quel testo sia dell’intera storia del gruppo, davvero intensa nella sua brevità. Pertanto si è preferito lasciare questa un po’ sullo sfondo della trama, dando parecchio spazio da un lato al rapporto fra Ian Curtis e la malattia, dall’altro al tormentato rapporto fra Ian e Deborah, incrinato dalla relazione extraconiugale del primo con Annik Honoré, una fanzinara belga dipendente di un’ambasciata.
Ottima l’idea di Corbijn di usare il bianco e nero, che aggiunge ulteriore tristezza alla storia, rende al massimo l’atmosfera e lo squallore della periferia di Manchester, e si lega perfettamente con il grigiore underground della prima scena post-punk, ma anche con i testi dello stesso Ian (la cui lettura e conoscenza è a dir poco indispensabile).
Abbastanza somiglianti i semisconosciuti attori che interpretano i quattro, con la parte di Ian Curtis affidata a Sam Riley, cantante dei 10000 Things. La colonna sonora, oltre a versioni dei Joy Division risuonate nelle scene live direttamente dagli attori, comprende anche originali degli stessi J.D., Buzzcocks, Roxy Music, David Bowie, Velvet Underground, Sex Pistols, Kraftwerk, New Order ed altri (c’è pure una cover di “Shadowplay” rifatta da The Killer), che bene inquadrano l’epoca – e che epoca! – narrata nel film.
Certo, i fans che hanno già letto il libro di Deborah e conoscono vita, morte e miracoli potrebbero rimanere delusi dal salto di molti episodi, ma ripeto, in 120 minuti era praticamente impossibile una descrizione davvero completa delle vicende. Chi invece è interessato in modo particolare alla figura di Ian Curtis, come uomo e poeta, ma considera il resto della band un mero supporto (il che sarebbe a mio avviso un grave errore), potrebbe trovare di proprio gradimento questo taglio ‘individuale’ e sentimentale, salvo, nel caso dei maniaci affetti da idolatria, sentire odore di profanazione verso una figura per molti sacra al punto da diventare quasi intoccabile.
Ad ogni modo, non me la sento di dare un giudizio vero e proprio sul film, né avrebbe senso il raccontarne la trama. Il consiglio, rivolto sia ai fans, sia a coloro che conoscono poco o niente di questa leggendaria band e ne sono in qualche modo attratti, è appunto di guardare “Control” serenamente e con sentimento, senza aspettative apologetiche o di perfezione formale. E ognuno tragga le proprie conclusioni…