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EGIDA AUREA

 

Intervista by Oflorenz
Foto by Oflorenz e

Carissimi, un benvenuto innanzi tutto sulle pagine oscure di Rosa Selvaggia.
Diego Banchero: Grazie per la tua consueta ospitalità, comparire su Rosa Selvaggia è sempre un piacere!

Diego, in principio fu prog, anzi per te possiamo addirittura dire jazz se non erro. E poi i grandi progetti con label come Black Widow della tua città, pietre angolari del dark prog di stampo 70es e nello stesso tempo percorso verso la tua creatura odierna Egida Aurea. Vuoi tracciare una breve storia del tuo passato?
Diego Banchero: In principio, confesso, fu metal. La “chiamata” alla musica giunse ascoltando i Judas Priest, i Black Sabbath e una buona dose di NWOBHM. Escludo una breve parentesi di studi di chitarra classica compiuti intorno ai nove dieci anni che sono stati soprattutto utili ad organizzare la mia prima fase di formazione come autodidatta.
Grazie alla penuria di bassisti iniziai da subito a suonare in parecchi progetti facendo esperienze un po’ in ogni genere musicale che mi sono servite molto per aprirmi la mente.
Dopo anni di militanza in un gruppo del sud Piemonte con cui ho fatto parecchi concerti, sono tornato a bazzicare la piazza di Genova e ho iniziato a suonare con gli Zess prendendo il posto di un mio amico che era partito per la leva. In quel periodo la Black Widow, con cui eravamo in contatto, aveva aperto i battenti e stava iniziando a muoversi per pubblicare le sue prime produzioni. Dopo qualche anno di attività gli Zess si sciolsero momentaneamente ed io e Mercy lavorammo per un anno da soli a scrivere nuovo materiale dando vita al primo nucleo di Malombra.
Una volta raggruppata la prima line up provvisoria, però, io non mi sentii più in linea con quanto si voleva realizzare e sentii, nel contempo, una forte esigenza di proseguire la mia formazione musicale. Così lasciai il gruppo e mi iscrissi alla scuola Jazz Quarto che frequentai per diversi anni.
Di giorno frequentavo le lezioni avanzate e la sera giravo i locali per fare jam session. Ho partecipato a molti seminari di perfezionamento con musicisti importanti e ho anche svolto attività didattica come insegnante di strumento e di musica d’insieme privatamente. Inizialmente avevo anche intrapreso un percorso di studi per prendere il diploma di solfeggio e dettato al conservatorio, ma visto che ad un certo punto compresi che la cosa non mi sarebbe servita più di tanto, decisi in accordo con l’insegnante, di lasciare perdere quel tipo di percorso per approfondire lo studio delle tecniche di composizione. In quegli anni ho avuto molte collaborazioni ed esperienze con figure illustri della scena jazz internazionale e sul finire di quel periodo ho fondato un quartetto a mio nome che poi ha partecipato in buona parte alla registrazione del primo disco de Il Segno del Comando.
La mancanza dell’esperienza discografica si era fatta sentire dentro di me e decisi che era giunto il momento di dedicarmi in modo più continuativo alla composizione che avevo trascurato per un po’ di anni. Le capacità acquisite arrangiando i repertori live basati sugli standards mi fu di grande aiuto e mi sentii molto maturato.
Dopo quella prima fase, venne il momento di scrivere e registrare il secondo LP de Il Segno del Comando “Der Golem”. Mentre il primo fu molto improvvisato e registrato live in studio in pochi giorni, questa volta mi chiusi in studio e ci passai mesi.
Subito dopo rientrai nella line up di Malombra dando un contributo compositivo e registrando “The Dissolution Age“ che in realtà fu pubblicato prima di “Der Golem” per una scelta dell’etichetta. Dopo alcune uscite live con Malombra, con cui partecipammo tra l’altro anche a varie compilation, rimettemmo mano al vecchio demo registrato all’epoca con gli Zess (registrando ex novo anche varie parti). L’album che ne risultò (“Et in Arcadia Ego”) fu l’ultima mia pubblicazione con Black Widow.
Il nuovo materiale scritto per Malombra fu dirottato sui progetti successivi che ognuno di noi intraprese. In effetti ci sentivamo già pienamente attirati e coinvolti dal neo folk che seguivamo da tempo e che ci sembrava un movimento di avanguardia in cui c’erano maggiori spazi ove dare un contributo culturale attraverso la nostra arte. In qualche modo l’esigenza di sentirci in prima linea prese il sopravvento.
Avviai Recondita Stirpe assieme a Christoff e Carolina continuando sulla linea di quelle che erano le idee di cambiamento che avevamo già pensato di apportare a Malombra se avessimo continuato con quel progetto, ma mi piacque molto l’idea di formare una band con gente completamente nuova, in molti casi alle prime armi o comunque alle prime esperienze discografiche, privilegiando uno spontaneismo che sentivo foriero di entusiasmo ed energia. D'altronde io ho passato buona parte della mia vita artistica a formare musicisti ed è una cosa che adoro fare.
Dopo il mini cd di esordio abbiamo ampliato la line up per poter uscire dal vivo e il bacino dei musicisti si è notevolmente allargato.
Egida Aurea è nata quasi per caso. Fino ad allora avevo scritto solo musiche, così provai a mettermi in gioco con i testi e scrissi il primo brano (“Storia di una Rondine”) che fu inviato al Circolo della Vela per far fronte alla richiesta di materiale inedito relativo ai miei progetti precedenti che non avevo disponibile in quel momento.
Subito dopo, io e Carolina abbiamo lavorato su qualche altro brano con l’aiuto di Guglielmo Amore (già percussionista di Recondita Stirpe) e da lì al mini di esordio il passo è stato breve.

L’attuale scena genovese, non sono di certo l’unico a pensarlo, brilla di luce propria nel panorama contemporaneo. Penso alla galassia di musicisti coinvolti in Egida, Recondita Stirpe, Runes Order. Quali sono le connessioni fra queste bands? Oltretutto non solo di realtà liguri si parla, so del vostro stretto legame artistico con i lucani Hidden Place ad esempio, e trovo eccezionale lo spirito di reciproca collaborazione ed amicizia che vi anima!
Diego Banchero: Una delle cose più belle che possono capitare ad un musicista è fare parte di un movimento culturale che sia in grado di superare l’individualismo cieco, che è già uno dei capisaldi negativi delle logiche meschine che regolano il mondo in quest’epoca buia e che non risparmia neppure gli ambienti artistici.
Per fare ciò si deve superare la tendenza alla competitività e alla corsa individuale che sono retaggi di una visione più liberale e borghese in cui anche l’arte non è vista come un’idea, ma come un prodotto che compete con altri prodotti presenti sul mercato e l’artista non è un pensatore che lotta per diffondere una visione in cui crede, ma un’azienda la cui formula cerca di prevalere sulle altre presenti sul mercato.
In tanti casi, questa tendenza è per lo più tipica di periodi della giovinezza in cui la nostra consapevolezza artistica è meno stabile. E’ anche vero che, se anche non si riesce ad affinare il palato per apprezzare esperienze di confronto, i progetti non si bloccano nè muoiono, ma è triste vedere chi con le sue mani si preclude possibilità così arricchenti per paure assurde senza riuscire a vivere il confronto stesso in maniera serena e costruttiva.
Pur non essendo un sostenitore accanito delle contaminazioni selvagge, ritengo che, anche chi come noi svolge prevalentemente un’opera di recupero degli stilemi tradizionali, abbia bisogno di concretizzare il risultato artistico attraverso una serie di elaborazioni strutturali e culturali per renderlo fruibile ai tempi attuali. Questo, in un contesto allargato in cui ognuno porta un contributo diverso rendendo disponibile la propria visione personale, è molto arricchente ed entusiasmante.
Dico ciò perché, ogni volta che un nuovo elemento entra e si integra nel nostro piccolo movimento, qualcosa cambia in meglio, si trovano altre vie ed altre soluzioni. Si impara qualcosa di nuovo gli uni dagli altri e la mappa tracciata nella fase di progettazione iniziale lascia spazio ad un territorio sempre più vasto, ricco e soddisfacente. Oltretutto si superano molti ostacoli dovuti alla penuria di mezzi che caratterizzano questa scena e ci si consorzia compiendo una “socializzazione delle risorse” che permette a tutti di superare almeno una parte dei limiti che opprimono chi ogni giorno combatte nell’arena dell’underground.
I gruppi che fanno parte della nostra micro scena (che è una entità trasversale perché si sviluppa su generi differenti), sono legati tra loro da una grossa dose di amicizia e stima reciproca. Vengono rispettate le differenti visioni che sono alla base delle peculiarità stilistiche di ogni progetto. Un vecchio adagio recita “chi vuol esser primo serva” e io ho riflettuto molto su di esso cercando di comprenderne il valore. All’interno della nostra squadra, ognuno di noi ama lasciare la leadership ai titolari della band con cui collabora mettendo a disposizione le proprie conoscenze per arricchirlo evitando di stravolgerlo con mire di direzione artistica soffocante. Ogni volta che un nuovo lavoro vede la luce diventa un successo per tutti ed è meraviglioso scoprire che è andato al di là delle stesse aspettative di chi l’ha concepito.
Ormai abbiamo avviato una squadra con cui lavorare è un vero piacere e come hai sottolineato tu, non riguarda solo il territorio genovese, ma ha adesioni tra Liguria, Lombardia, Toscana, Basilicata, Piemonte, Lazio, Austria e Inghilterra. Ad esempio, la collaborazione con Maethelyiah e Blooding Mask (che per ¾ è composta da membri di Egida Aurea), si sta rivelando un’esperienza estremamente arricchente. Nel Regno Unito abbiamo conosciuto persone ottime con cui stiamo avviando cose interessanti.
Circa gli Hidden Place, direi che la collaborazione è totale ed ha un andamento bidirezionale. Basti pensare che Giampiero Di Barbaro, nel disco “La mia Piccola Guerra”, ha avuto un ruolo fondamentale di consulenza anche nella direzione artistica.

Il vostro primo full lenght ‘La mia Piccola Guerra’ sta diventando un classico del neo folk italiano, e non solo in Italia. Del resto il suo mood cantautorale memore di grandi artisti italiani del passato (in primis De Andrè) unito ad una vena compositiva ben oltre la media, non potevano passare inosservati. Siete soddisfatti dei riscontri avuti sino ad oggi da parte di pubblico e stampa specializzata?
Carolina Cecchinato: Siamo pienamente soddisfatti. Per ora le recensioni sono state molto positive, ma al di la di questo (che ci fa comunque un grande piacere), sentiamo che il nostro messaggio viene compreso e condiviso sempre più profondamente.

Il vostro stesso moniker, Egida Aurea, rappresenta una manifestazione d’intenti circa lo spirito che anima il progetto. Personalmente lo interpreto come uno “scudo” per difendersi dal mondo contemporaneo plastificato e privo di valori in cui bene o male siano costretti a (soprav)vivere, del resto come scrisse Evola in tempi non sospetti, si prospettava impellente la necessità di una “Rivolta contro il mondo moderno”…
Diego Banchero: Direi che hai pienamente azzeccato il motivo per cui è stato scelto il nome del progetto. L’idea è stata proprio quella di rappresentare la nostra scelta di vita e che consiste nel cercare di resistere in un mondo di cui non condividiamo molte delle regole portanti, mettendoci su una posizione di difesa e resistenza in modo che determinate logiche perverse non ci fagocitino, cercando nel contempo di mantenere il più possibile un occhio critico sulla realtà.

La splendida 'Memorie di gesta', con quel refrain indimenticabile sin dal primo ascolto, si ispira ad un episodio di guerriglia urbana in particolare?
Diego Banchero: Memorie di Gesta è un brano ispirato ad una serie di fatti capitati a Genova dove l’autodeterminazione ha permesso agli abitanti di alcune zone di difendersi su un territorio ormai praticamente sfuggito al controllo delle stesse forze dell’ordine. E’ un omaggio allo spirito di autoconservazione che emerge in sobborghi urbani lontani dai “quartieri protetti” dove l’alto tasso di delinquenza, mescolato ad un sistema legislativo che sembra spesso privilegiare chi delinque, rendono tutt’altro che semplice la sopravvivenza dando luogo ad un sempre maggiore senso di sopraffazione.

L'ultima traccia de la La mia piccola guerra é in realtà una ghost track. Diego, per chi suona questo 'Ultimo Valzer'?
Diego Banchero: “L’Ultimo Valzer” rappresenta il funerale della civiltà. Esso suona per tutti coloro che pensano di seppellire i valori morali e le regole della civiltà stessa per lasciare libera la parte animale che risponde alla legge della giungla ove il più furbo soggioga il più debole tra il consenso, il plauso e l’impotenza di tutto il contesto sociale circostante.
Quello che non capiscono coloro che scelgono queste scorciatoie, è che finiranno a loro volta nella fossa in cui vogliono seppellire il feretro della civiltà stessa.

Carolina, tu nasci non molti anni or sono come cantante autodidatta in Recondita Stirpe, ed ora la tua voce é una delle più belle e immediatamente riconoscibili dell'intero panorama neo folk (e non solo) italiano. Una dote naturale ma immagino anche studio ed esercizio...
Carolina Cecchinato: Innanzi tutto grazie per le belle parole che hai usato nella domanda.
Io ho iniziato a cantare grazie Diego che riteneva avessi le doti naturali necessarie. Lui ha una grande abilità di tirare fuori molto velocemente le capacità dei musicisti e aiutarli subito a sviluppare un proprio stile personale con grande risparmio di tempo. A parte una breve parentesi di studio (una paio di mesi in tutto), che mi è comunque stata molto utile, nel periodo di tempo a cavallo tra il mini di esordio e “La mia Piccola Guerra”, ho quasi sempre cantato, quando gli impegni lo hanno reso necessario, senza grande studio od esercizio. Man mano che si procede con questa esperienza, il mio coinvolgimento aumenta e la mia diffidenza iniziale lascia sempre più passo ad una concreta passione.

Ricordo con piacere l'unica esibizione di Recondita Stirpe al Teatro di Bolzaneto qualche anno fa', in compagnia di Ianva. Porterai ancora avanti il progetto Recondita o si tratta di un gruppo momentaneamente in stand by?
Diego Banchero: L’intenzione è quella di procedere anche con Recondita Stirpe registrando un mini CD per il quale le musiche sono già state scritte. Ciò avverrà non appena la promozione del disco appena uscito (e l’attività live ad esso collegata) lasceranno il tempo sufficiente per lavorarci.

Il recente show al Mondo Musica di Torino ci ha scaldato il cuore ed ha avuto uno splendido riscontro da parte dei fortunati presenti. Cosa si prospetta all' orizzonte in tema di date live?
Diego Banchero: Abbiamo in programma altre date a partire dal prossimo febbraio e stiamo valutando nuove richieste che ci sono giunte negli ultimi mesi. Nel limite delle nostre possibilità cercheremo di portare la musica di Egida Aurea il più possibile in giro perché amiamo l’attività live. Vogliamo anche che il suono del gruppo si evolva e la neo formata line up sta crescendo molto grazie a quel tipo di chilometraggio che si macina tra palco e sala prove.

Per finire mi fa molto piacere fare un breve cenno alla vostra ultimissima collaborazione trasversale Egida/Runes Order, quel vero e proprio laboratorio sperimentale dal nome Zena Soundscape Projects! Cosa ci attende al varco da parte di ZSP?
Diego Banchero: Zena Sound Scape Project è un gruppo che è stato creato dal chitarrista elettrico di Egida Aurea Davide Bruzzi (assieme a Matteo Marchese e Marina Larcher). Ci siamo conosciuti tramite Claudio Dondo durante le registrazioni di Disco Nero a cui anche lui ha partecipando facendo anche l’intero missaggio. E’ un musicista davvero pieno di talento con cui mi sono trovato da subito a mio agio, anche perché in lui rivedo me stesso tanti anni fa. Le influenze principali del sound della band sono Tangerine Dream, Pink Floyd, Ozric Tentacles ed Hakwind.
Sono davvero contento di essere stato coinvolto perché credo veramente che sia un progetto pieno di potenzialità e caratterizzato da una componente sperimentale che lo rende ancor più interessante. Anche dal vivo, le basi elettroniche non ostacolano una continua improvvisazione che si estende oltre la sfera solistica coinvolgendo anche la sezione ritmica e la voce.
Nei vari concerti io ho reinterpretato i brani in modo diverso ogni volta.
A breve registreremo un disco partendo dai brani già scritti ed inseriti nel demo che ad oggi ha circolato in un ambiente ristretto a scopo promozionale.

EGIDA AUREA
"La mia piccola guerra"
CD (HR! SPQR)


Il mini del 2007 “Storia di una rondine” e le occasionali live gigs di questo 2010 facevano presagire un full lenght d’esordio grandioso per il gruppo di Diego Banchero, ma ammetto che “La mia piccola guerra” supera addirittura le aspettative, toccando anima e cuore con le sue ballate ed i suoi anthems fuori dal tempo. Musica popolare, arie di folk tradizionale e una certa attitudine cantautorale (nel senso più nobile del termine) si mescolano nei 9 quadretti raccontati dalla voce calda e potente di Carolina, e messi in musica dalla vena ispirata di Diego, coadiuvato per l’occasione da un vero e proprio super-gruppo: oltre all’ossatura di Egida, partecipano infatti al disco artisti e musicisti amici della band, tra cui l’immancabile Claudio “Runes Order” Dondo ed i ragazzi dell’ottima elettro band lucana Hidden Place. Ma “La mia piccola guerra” non vive di soli ritmi e melodia, bensì può essere considerato una piccola collezione di poesie messe in musica, poesie ispirate in buona parte alla caduta dell’”entità Europa” e dei suoi valori, al triste e progressivo declino della civiltà e della cultura occidentali. “Egida Aurea”, che ispira il moniker stesso del progetto, “Congedo” e “L’ultimo valzer” (quest’ultima non menzionata in tracklist) ne sono mirabili esempi, ma non mancano anche richiami storici a più ampio raggio (“Lo zar non è morto”) e storie di ordinaria guerriglia urbana, come raccontatoci dalla bellissima “Memorie di gesta”, il cui refrain dopo un paio di ascolti non ci vuole più abbandonare la mente. Un disco chiaramente destinato a valicare i confini della cosiddetta area “neofolk”, forte di quell’essenza – oggigiorno così rara – che lo renderà capace di rifulgere di luce propria. Accogliamo con entusiasmo questa nuova stella che brilla dalla città di Genova sull’intero panorama musicale italiano contemporaneo.
Sito web: www.myspace.com/egidaaurea
(Oflorenz)