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VINCERE

 

Regia: Marco Bellocchio

Soggetto e sceneggiatura: Marco Bellocchio

Cast: Giovanna Mezzogiorno, Filippo Timi

Genere: drammatico, storico

  • Anno e nazione: 2009, Italia/Francia

Durata: 128 minuti

 

Testo di Fabio Degiorgi

 

Il regista di “Buongiorno notte” e “L’ora di religione” porta al grande pubblico una vicenda poco nota e venuta alla ribalta più che altro negli anni recenti: la storia di Irene Ida Dalser, amante di Mussolini negli anni precedenti all’ingresso dell’Italia alla Prima Guerra Mondiale, e del loro figlio Benito Albino, inizialmente riconosciuto dal futuro fondatore del fascismo, per poi finire annientato nel peggiore dei modi.

Il film non ha la volontà di ricostruire tutti i fatti – accaduti fra i primi anni del900 e il 1942 - in modo totalmente completo e dettagliato, procede infatti per spaccati, salti e flashback, con frammenti di documentari dell’epoca per meglio contestualizzare la vicenda. Ovviamente la storia del ventennio fascista, e pure la metamorfosi del Mussolini socialista, rivoluzionario e antimilitarista in interventista intransigente prima e nel duce d’Italia dopo, vengono collocate su un adeguato sfondo per dare risalto alla tragedia personale di Irene e del figlio. La prima, dopo aver venduto tutto ciò che possiede per finanziare la nascita del Popolo d’Italia, il quotidiano fondato nel 1915 da Mussolini, viene presto abbandonata dall’amante in favore di Rachele Guidi (già in relazione da anni con l’ex direttore dell’Avanti!, i due si sposano con rito civile nel dicembre 1915), ma continuerà fino alla morte a rivendicare il suo ruolo di “vera moglie del duce”, sostenendo anche di aver contratto un legittimo matrimonio del quale però non esisterebbero documenti scritti. Per tale coerenza ed intransigenza la donna viene rinchiusa in manicomio e trattata con una crudeltà superiore a quella riservata agli oppositori politici (che solitamente finivano incarcerati o mandati al confino, ed in certi casi direttamente assassinati). Ancora più commovente la storia di Benito Albino, raccontata in un modo più dilatato e frammentario rispetto a quella della madre. Rinchiuso in collegio già da piccolo, poi affidato ad un tutore, infine arruolato in Marina, al rientro forzato da una spedizione in Cina viene anch’egli rinchiuso in manicomio senza alcun motivo, dove muore nel 1942 a causa di presunte “cure sperimentali” a base di insulina che lo portano in coma nove volte. Omicidio di stato quindi. Ma questi ultimi terribili anni vengono riassunti nel film in un’unica straziante scena dove il ragazzo, seminudo e sanguinante, imita davanti ad un muro il duce con una gestualità esasperata. Una costante del secondo tempo è proprio il rapporto di amore/odio di Benito Albino – consapevole della propria situazione di figlio rinnegato – nei confronti del padre, che emerge anche da queste imitazioni tanto nevrotiche quanto perfette, fatte per divertire i compagni di liceo, oltre che da altri piccoli significativi episodi.

Brava come sempre Giovanna Mezzogiorno, che qui deve interpretare un personaggio complesso e atipico per l’epoca e per il modello di donna voluto dal regime, ma bravo anche Filippo Timi, che interpreta sia Benito padre nella prima parte, sia il figlio da adulto nella seconda. Non do né un giudizio da cinefilo, quale non sono, né da storico (per quello esistono i saggi e i documentari), ma da semplice spettatore: “Vincere” è un film secondo me riuscito e coinvolgente, sicuramente non è una visione facile e adatta a tutti, ma penso che il dramma umano in sé possa toccare anche un pubblico più ampio di quello tipicamente impegnato al quale si rivolgono solitamente le opere di Bellocchio. 

     

Pubblicazione: 23 Luglio 2009