TIM
BURTON - “ La trilogia di Natale”
testo
by Anialf
Ultimamente, Tim Burton non ha, a mio parere, lavorate granchè
bene quanto a fantasia, poesia ed immaginazione: i suoi ultimi
film, da “Il mistero di Sleepy Hollow” a “Big Fish”, pur contenendo
alcune geniali trovate, mi sono sembrate “forzature” rispetto
alla consueta cinematografia burtoniana.
Ed è prprio del passsato del regista di cui voglio parlare,
nel pieno della sua miglior vena creativa: di quel “Trittico
Natalizio” composto da “Edward Mani di Forbice”, “Batman Returns”
e “Nightmare Before Christmas” (“Penso di aver esorcizzato
i miei incubi natalizi” dichiarò Burton alla fine di “Nightmare”).
Ma andiamo per ordine. “Edward Mani di Forbice”: secondo molti,
me compreso, il capolavoro del regista.
Può essere definita favola ‘dark’, con un’accezione non molto
orginale, come del resto non è particolarmente orginale nemmeno
la storia (il ‘diverso’ dapprima accettato poi rifiutato della
stessa società che l’aveva accolto): quello che rende il film
unico è la sua poetica melanconica e per nulla autoindulgente,
nella quale è facile che opere del genere possano cadere.
“Pura poesia” qualcuno l’ha definito: sta di fatto che tutto
è perfetto: dalla sceneggiatura agli interpreti (strepitosi
Dianne Wiest nei panni stereotipati
della venditrice Avon, e Johnny Depp, inarrivabile nle rendere
a pieno il personaggio di Edward, in ogni singolo movimento
e sguardo (e pensare che inizialmente la parte era stata offerta
a Tom Cruise mette i brividi…).
La storia la sapete penso tutti: ciò che mi preme sottolineare
è l’atmosfera natalizia che ben presto si infrange, in tutti
i sensi, se pensate alle lucette colorate delle case del quartiere,
che nelle ultime concitate scene vengono distrutte, come a
sottolinearne l’inutilità e l’ipocrisia (e pensate, a proposito
di colori, alle villette a tinte pastello, da prendere piu’
che una parodia del conformismo americano, al modo con cui
all’inizio Edward ‘scopre il mondo’ esterno al suo castello;
per poi rendersi conto perfettamente che quello stesso mondo
non è poi così ‘colorato’ come lo vede.
Tante parole sono state spese per questo film; io termino
dicendo semplicemente che, sebbene sia stato tacciato di eccessiva
sdolcinatezza, qui si tratta di “poesia per immagini”, né
piu’, né meno.
Diverso è il discorso per “Batman Returns”:
qui il Natale, sempre visto come festa che provoca comunque
disagi (sia fisici che emotivi) è stato bollato da subito
troppo ‘cupo’: troppa importanza è stata data ai nemici piuttosto
che all’Eroe. E allora? Burton stesso ha dichiarato che nel
film voleva proprio approfondire la psiche dei ‘cattivi’ (ma
lo sono veramente??), relegando Batman al ruolo di ‘catalizzatore’
degli eventi.
Chi ha criticato negativamente il film, probabilmente si aspettava
(come del resto nel primo Batman) una pellicola ‘tradizionale’
dove da una parte c’è il ‘buono’ e dall’altra i cattivi: ma
Burton non è certo tipo da girare simili film, tutti muscoli
ed azione. E poi, chiariamoci, cosa significa l’aggettivo
‘cupo’? Il registra ha sardonicamente detto “per me è piu’
cupo ‘Arma Letale’” e dal suo punto di vista non gli si può
certo dar torto.
“Batman Returns” è solamente, inesorabilmente, estremamente
‘triste’, incompiuto, dove nessuno perde e vince veramente
(a parte per il personaggio del Pinguino, sul cui funerale
Burton indugia molto, ed a ragione, poiché si tratta di una
delle sequenze più struggenti di tutta la sua filmografia).
La malinconia del Natale, dunque, fusa con la malinconia di
fondo di tutti i personaggi (‘buoni e/o cattivi’) del film.
E di tristezza, seppur stavolta a pieno lieto fine, è anche
pieno l’ultimo lavoro di Burton dedicato al Natale, cioè “Nightmare
Before Christmas”, anzi possiamo dire che è il film “più natalizio”
della triade qui presentata.
Se partiamo dal solo nome, per chi non
ha mai visto il film (errore imperdonabile!) potrebbe persino
sembrare il titolo di un film horror: invece è un capolavoro
di tecnica e poesia (sotto forma di musical) girato con la
tecnica ‘Stop-motion’ (spostando cioè i pupazzi protagonisti
del film manualmente di pochi millimetri, riprendere tale
scena per qualche secondo di pellicola, e poi ripetere il
tutto fino ad ottenere una scena che dia la piena illusione
della continuità del movimento). Attenzione: ho detto che
è un film con pupazzi, ma non la si deve immaginare (sempre
per chi non l’ha visionata) come una pellicola alla “Galline
in Fuga”, bensì un accorato richiamo, ancora una volta, alla
diversità, che non può (e forse non deve) andare contro il
conformismo.
Se nel film il Re del paese di Halloween, Jack, non potrà
mai diventare anche il Re del Paese di Natale, è semplicemente
ed inesorabilmente perché ciascuno di noi ha nel mondo un
proprio ruolo; e cambiarlo, anche con le migliori intenzioni,
non è possibile, soprattutto quando (lo ripeto ancora una
volta) si è troppo “diversi” da ciò che la ‘normalità’ si
aspetta (normalita? ma vorrei poi sapere chi stabilisce cosa
sia ‘normale’ e cosa non lo sia… concetto banale ma sempre
valido).
Girato con pochissimi colori (quando si è in Halloweentown,
perché quando si arriva a Christmastown ecco tornare a luccicare
quelle ‘lucine’ forse ipocrite di cui parlavo a proposito
di ‘Edward’), anche per questo film la critica non ha capito
quasi nulla: bollato di essere ‘troppo cupo’, ha però stavolta
ricevuto una bella risposta sardonica da Burton (“… per me,
è più cupo un hamburger da McDonald…”).
Battute a parte, effettivamente il film è permeato di tanta
malinconia e rimpianto, qui stemperati (come detto) dall’”happy
end”. Il film è stato diretto da Henry Selick (esperto registra
di cortometraggi, videoclip ed effetti speciali) ma sempre
sotto la completa supervisione di Tim Burton, e lo si vede,
eccome se lo si vede!
Ora aspettiamo con ansia l’ultima follia narrativo-immaginistica
di “Charlie and the chocolate factory” (remake di una pellicola
del 1971 con Gene Wilder e tratta da un romanzo di Roah Dahl)
dove, dai trailer in circolazione su Internet, sembra che
il regista sia tornato alla sue stravanganti eppure profonde
pellicole (uscirà negli USA a luglio 2005).
E soprattutto per il successivo film, sempre in uscita nel
2005 verso autunno, dove nuovamente Burton userà la stessa
tecnica stop-motion di “Nightmare…”: il film si chiamerà “Tim
Burton’s Corpse Bride” ed è tratto da una novella russa: anche
in questo caso le ambientazioni, viste sempre nei primissimi
trailer, saranno all’altezza della fama del regista.
p.s. questa recensione è dedicata a mia madre, affinchè
possa uscire dal suo mondo di incubi o sogni, qualunque essi
siano, e tornare da me.
n.b. Le citazioni di Tim Burton sono tratte dal libro “Il
cinema secondo Tim Burton”, di Mark Salinger, Pratiche Edizioni,
1995; le foto sono tratte da vari siti Internet.